DOCUMENTI: INEFFABILE TRENORD

Spunti di comicità involontaria sulla stampa. A pagina 13 de Il sole 24 ore del 23 dicembre compare un articolo costruito come spot pubblicitario per le due aziende di trasporto lombardo: “ATM e Trenord, nuovi servizi in vista delle riaperture”. Sì perché nel raccontare e far raccontare -col gusto del panettoncino offerto agli utenti- le nuove misure preventive in previsione della terza ondata postfestiva, si tralascia l’osservazione di quanta pochezza organizzativa (le cui radici sono a monte nei DPCM  governativi) abbia caratterizzato la prevenzione della seconda ondata nell’autunno-inverno. Passaggio tutt’altro che di dettaglio indolore, costato migliaia di contagi e morti, nella regione di maggior picco europeo.
Veniamo al siparietto. Mentre l’intervista all’AD di ATM permette di elencare il rafforzamento dell’esercizio con corse e servizi mirati, ad esempio per le scuole, che coglie l’assist giornalistico, quando è il turno di Trenord tutto diviene evanescente. Il pezzo è occupato in gran parte dall’azienda di TPL milanese e quando la parola passa a Trenord si balbetta, si gira intorno, si capisce che non si ha molto da dire. Possiamo intuire quasi che l’articolo, originariamente pensato per essere offerto alla sola ATM -che fa quello che quasi in ogni regione e città si sta facendo per il TPL su gomma-, abbia all’ultimo deciso di dare la possibilità all’altra allargandosi anche all’azienda ferroviaria. In Trenord hanno forse preteso la loro fetta di visibilità. Ma non si sono preparati o non hanno molto da dire. L’AD Piuri non riesce a riprendere neanche quello che è scritto genericamente nell’occhiello dell’articolo sul potenziamento dei mezzi, come contraltare all’aumento del numero delle corse in ATM. E comincia una vertiginosa arrampicata su specchi giganti: per tutto lo spazio messo a disposizione Piuri sposta il discorso con argomenti di distrazione: 1) sciorinare numeri di corse, fermate, treni, posti a sedere ripartiti fra totale regionale e area metropolitana, in un’ubriacatura ingestibile per il lettore, in quanto non comparativa (es. tra prima ad esercizio normale e dopo, quale il volume di spostamento dei pendolari, quanti treni/posti accorerebbero col distanziamento, etc); 2) prendersela con una campagna mediatica senza basi scientifiche che ha decretato che i mezzi pubblici sono pericolosi e fonte di contagio; ad essa ci ascriviamo serenamente laddove da settembre niente è stato fatto per utenti e lavoratori seguendo ottusamente il limite dell’80% dei posti totali offerti. E raccomandandosi al solo telelavoro quale fattore di sfoltimento. Il pantano di una informazione precaria, nella maggior parte dei casi, quanto assordante ha con questa pandemia toccato vette altissime, è la condizione necessaria per coprire le inadeguatezze della politica dei palazzi, che vede personaggi vecchi o nuovi alternarsi con l’intento di non fare mai brutta figura pur di non perdere consensi elettorali. Questo in spregio alle migliaia di vittime che si sarebbero potute risparmiare con una attenta gestione dell’emergenze e non in virtù della salvaguardia di interessi di bottega, piccola o grande che sia, per non vedere sacrificato il fatturato e la produttività. A questo macabro copione non poteva sottrarsi il noto “quotidiano rosato” in mano agli industriali, che avrebbe la pretesa di essere portavoce della “borghesiuccia” nostrana, alquanto raffazzonata e sempre più divisa su tutto, meno che su di una cosa: schiacciare sempre più la classe operaia. Se nella prima fase della crisi sanitaria si è lesinato sulla chiusura di intere zone del paese per non danneggiare qualche distretto produttivo, provocando nei fatti lo scoppio incontrollato della pandemia al centro nord, nella fase estiva prima e ora in piena seconda ondata, si tentenna in comportamenti ambigui pur di non danneggiare la macchina dei consumi.Nonostante le migliori “penne” della stampa nazionale elogino il servizio sanitario, solo sottovoce si dice che l’Italia è terza come numero di morti su numero di abitanti, vero dato della tragedia che ha queste dimensioni grazie anche a più di trenta anni di continui tagli ai servizi sociali. Queste meravigliose “penne” non dicono che l’idea delle privatizzazioni aveva come simbolo proprio il progetto Trenord, meraviglioso gioiellino, creatura nata nell’area politica che è passata dalla Padania Nazione alla nazione come la Padania. Lo stesso copione, recitato con attori e casacche differenti, ha portato allo smantellamento della sanità e dell’istruzione. Non dicono che il sistema del trasporto ferroviario Lombardo è talmente inadeguato da non riuscire quasi mai a raggiungere gli standard di puntualità nazionale. Non dicono che nella sanità, anche prima della pandemia, la lista di attesa sempre più lunga era la regola nel servizio pubblico. Non dicono, tranne alcuni incondizionatamente attaccati alla verità, che il pian pandemico nazionale era risalente al 2005 e mai aggiornato. Non dicono che non aver programmato un sufficiente numero di posti sui treni regionali col rispettivo distanziamento, ha di sicuro causato l’impennata dei contagi, che non a caso è avvenuta intorno alle direttrici di maggior flusso pendolari. Ecco allora, se questa è la sfida che i pilastri della mobilità milanese e lombarda dovranno affrontare (sic ancora nell’articolo di partenza), da quale pianeta sono stati catapultati quelli che amministrano Trenord?

28 dicembre 2020 CUB Trasporti ferrovieri Lombardia

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